A tutti i viaggi compiuti. E a tutti quelli che compirò.
A tutti i luoghi dove sono stata. E a tutti quelli dove andrò.
Al momento della partenza, sospesa tra la voglia di restare e la vertigine dell’ignoto, tra valigia e ipotesi e premonizioni e tanto non avrò mai veramente portato ciò di cui ho bisogno e dovrò lavare (nel lavandino, nelle lavanderie automatiche, lasciando la sacca in albergo, sotto un tubo in un cortile in riva ad un fiume nella foresta). Alla voglia di partire che mi ha accompagnato fino a quel momento, e all’attesa, e alla voglia di partire subito! e il secondo che precede la partenza, in cui si sente forte il distacco da tutto e assale improvvisa la voglia di restare.
Al momento dell’arrivo a destinazione, in cui sei ancora stabile con la stabilità della casa, della tua valigia, delle tue certezze, del tuo posto nel mondo, delle scelte, delle voglie. In cui tutto è nuovo e incognito e sconosciuto; e necessario. In cui aneli di perderti e di ritrovarti altrove. E sei pronta.
Al momento della ripartenza, sospesa tra la voglia di restare e continuare, e la voglia di tornare e per un po’ crogiolarti nelle vecchie abitudini, che facevano noia e adesso fanno, semplicemente, casa.
Al momento del rientro, in cui ti senti fuori posto, in cui ti stupisci che tutto sia così: normale, solito, riconoscibile. In cui non ti specchi più nel panorama di casa perché no, non sei più la stessa.
Perché – per me – partire e tornare sono due delle cose per cui vale davvero la pena vivere.