Una delle prime cose che mi ha colpito durante il mio soggiorno a Dublino, passato il primo mese di acclimamento, è stata la quantità di spettacoli teatrali scritti e diretti da donne e con donne protagoniste (spesso le sole protagoniste).
Notando questi cartelloni, ho pensato inizialmente ad un mio personale bias (ero io che notavo in particolare questi cogliendo i nomi femminili?), ma la costanza di questo pensiero durante le mie passeggiate mi ha spinta ad interrogarmi se ci fosse qualcosa di più.
Un giorno ne ho parlato con un amico irlandese, che molto naturalmente mi ha detto che sì, da quando c’era stato #wakingthefeminists, il mondo teatrale irlandese aveva risposto con entusiasmo al richiamo e ora si prestava attenzione ad un maggiore equilibrio fra i sessi nelle rappresentazioni, sia dal punto di vista della scrittura e direzione, che della presenza di protagoniste femminili.
La mia sorpresa: un movimento femminista per la scena teatrale ed artistica? Come mai non ne avevo sentito parlare?
In aggiunta, una domanda: una pronta risposta del mondo teatrale maschile? Nessuno si era rivoltato? Fu la mia stupita reazione.
La reazione del mio amico a quest’ultima domanda fu ancora più stupita: mi disse che loro uomini (lui è uno scrittore e sceneggiatore) semplicemente non se n’erano accorti (male privilege anyone?) e che in effetti i numeri erano disequilibrai, quindi andavano sistemati, era giusto.
Per non sembrare una totale provinciale, sono stata zitta annuendo e poi sono corsa su internet ad informarmi.
Ho trovato il sito del movimento che spiegava molto bene la successione di eventi: da un commento su FB di fine ottobre 2015, in cui una designer teatrale irlandese faceva notare la disparità di genere nel cartellone di uno dei teatri più importanti di Dublino, l’Abbey Theatre, il giorno dopo era seguita la risposta piccata del direttore del teatro che aveva difeso le sue scelte. Quello fu l’inizio di un sollevamento del mondo teatrale che in poco tempo coinvolse anche altri settori artistici irlandesi, creando il movimento #wakingthefeminists che nel giro di pochi mesi ha cambiato la percezione, la sensibilità e l’attenzione sulla parità di genere nelle arti.
Ne ho parlato più dettagliatamente qui.
Quindi non ero io che notavo qualcosa di diverso: qualcosa di diverso c’era in Irlanda, una maggiore presenza femminile cui non ero abituata.
Ho iniziato a prestare maggiore attenzione: ho notato che nei foyer dei teatri, fra le immagini o i ritratti affissi alle pareti, moltissimi erano di donne – e li notavo perché mi colpivano, li notavo perché non ero abituata a vedere così tanti nomi femminili.
Ho ampliato il mio raggio di attenzione: alla National Gallery of Ireland ho trovato una sala dedicata alle artiste femminili e anche un’esposizione temporanea in quel periodo trattava di un’artista donna del ‘600 (tra l’altro italiana: Lavinia Fontana). Più tardi un’altra piccola monografica su Sarah Purser con prestiti dalla Hugh Lane Gallery (ne ho scritto qui).
Anche nei musei mi è capitato di notare una maggiore attenzione al versante femminile: durante una visita guidata sempre alla National Gallery of Ireland* la curatrice sottolineava alcune recenti acquisizioni – di opere di donne. Alla mia domanda specifica, mi ha risposto che negli ultimi anni gli acquisti cercano di dare maggiore attenzione alle artiste femminili di ogni epoca per incrementare ed equilibrare la collezione della Galleria. All’Irish Museum of Modern Art la stessa cosa ho addirittura trovato un commento ad alcune opere di coppie artistiche che mi spiegavano perché non conoscessi la parte femminile del duo.
Quello che in questi mesi irlandesi mi ha fatto più riflettere è stato il fatto che vedere nomi e volti femminili mi colpisse. Mi saltava proprio all’occhio e questo mi dimostrava che per me – donna italiana – non era naturale vedere tutte quelle donne protagoniste, non ero abituata.
* ci sono sempre almeno un paio di visite guidate, sia il sabato che la domenica durante tutto l’anno: valgono la pena! Cercate sul sito per i dettagli!